Ammetto di essere sorpreso per l’interesse che in questi anni si è generato intorno al mio libro Helvete. L’accoglienza è stata superiore o quasi a quella di altri miei lavori, sebbene questi siano più maturi dal punto di vista della scrittura. Helvete non è la mia migliore storia, non ho problemi a dirlo così come non ho difficoltà ad ammettere che all’epoca commisi alcune ingenuità tipiche del novellino.
Eppure questo libro ha qualcosa di speciale, deve essere per forza così se ancora oggi è richiesto. Fino ad ora era disponibile soltanto in ebook ma già da un po’ pensavo di lanciare su Amazon la versione cartacea, naturalmente a un prezzo basso com’è mio costume.
Ma cos’è Helvete? Sicuramente non il miglior libro sull’heavy metal e certamente non è una copia del tanto amato e al tempo stesso criticato Lords of Chaos. No, qui si parla di storie nostrane, insomma uno spaghetti black metal… anzi no, dopotutto non si tratta di un western pertanto la descrizione potrebbe essere inappropriata, fuorviante. Qui si parla di omicidi, droga, sette sataniche ma soprattutto di due ragazzi scoparsi nel nulla e della tenacia di un padre disperato che giustamente non si rassegna a non rivedere più il figlio.
È innegabile che su Helvete aleggi lo spettro di Count Grishnackh, Burzum, Varg Vikernes, insomma, chiamatelo come vi pare e chissà, magari un giorno troverò scritto tra i commenti su questo blog qualcosa del tipo “Il conte è stato qui”. Al tempo stesso sono inevitabili i rimandi alla Inner Circle, ai Mayhem e naturalmente a lui: Euronymous e a tutta la scena black metal norvegese e scandinava che agli inizi degli anni ’90 stava diffondendo il suo verbo… eh quelli erano altri tempi e se all’epoca per informarmi sulla scena dovevo reperire delle fanzine scritte da volenterosi appassionati o sulle più professionali riviste di settore, quello che un tempo era un fenomeno underground oggi non è più così.
Sto dicendo qualcosa di falso? Beh, prendiamo il caso dei Mayhem che in questa storia, come detto, c’entrano almeno un po’: ai miei tempi non avrei mai pensato di leggere una loro intervista su XL di Repubblica, e che dire dei Behemoth, anche loro su Repubblica con il leader Nergal addirittura giudice di un telent show polacco.
Gli esempi potrebbero essere tanti, con buona pace dei difensori del true black metal… ad ogni modo credo che questi si contino sulle dita di una mano, ovvero un po’ come alle origini di questa musica, ma va bene così. Dopotutto io per primo non mi ritengo un blackster nel senso che preferisco la ben più ampia etichetta di metallaro… eh sì io non sono di quelli che se ne escono con frasi del tipo “no mi faccio etichettare e bla bla bla”.
Io SONO METALLARO! Non c’è bisogno che mi etichettino, lo faccio da solo. Ecco, del mio essere metallaro, anche oggi che non sono più quel ragazzino che alle medie cominciò a farsi crescere i capelli, ne sono orgoglioso. E ancora più orgoglioso mi rende il fatto di non essere cambiato nella sostanza. Lo so, sto finendo fuori tema ma vista la mia lunga assenza da questo blog che, probabilmente, tornerò ad abbandonare, me lo posso concedere. Concludo.
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